“L'amore è come l'edera,
s'attacca dove muore”.
_ Via dei ciclamini, Orietta Berti
Cari gentili lettori,
è ormai innegabile, ovunque volgiamo lo sguardo ne cogliamo gli evidenti segnali: l’aria pungente del mattino, le foglie che ingialliscono, i maglioni che si fanno sempre più pesanti e quel profumo di legna e caldarroste che si diffonde tra i tetti. Eccoci, l’autunno sta puntualmente timbrando il cartellino mentre anche i nostri ultimi tentativi di trattenere l’estate un po’ più a lungo vanno in fumo. Eppure, non tutto è perduto, per chi sa aguzzare lo sguardo anche ora che la maggior parte degli alberi dorme, c’è chi si sveglia e sboccia di nuova vita.
Come lo so?
Ma perché ce l’ho proprio qui davanti, lungo la via della città che preferisco; uno spettacolo rampicante che si snoda sulla facciata delle case, con il verde brillante dei rami ben saldi e quei fiori verdognoli che di settembrino hanno ben poco. Parlo di lei: l’Hedera helix o Edera comune.
Vi stupirà sapere che l’Edera, in realtà, fa parte di una famiglia molto numerosa di piante tropicali e subtropicali, le Araliaceae, di cui essa è l’unica autoctona sul suolo italiano. Sempreverde e determinata, sfrutta le radici avventizie dei suoi rami per arrampicarsi su tutto quello che incontra e tracciare una strada che, inevitabilmente la porta in alto, più vicina al sole. C’è chi la considera erroneamente una specie parassita perché pensa che le radici avventizie abbiano anche la capacità di suggere la linfa della pianta ospite, ma è una diffamazione bella e buona! In realtà, esse hanno semplicemente una funzione di sostegno meccanico e, anzi, l’Edera costituisce una risorsa importante per il bosco perché con il suo peso fa cadere gli alberi già malati contribuendo al rinnovo naturale dell’ecosistema. Fa sua, quindi, una crescita senza ostacoli che le permette di conquistare anche gli ambienti più impervi della città; fatto assai prezioso per una piantina del sottobosco! Le piace seguire una logica a sè anche nella fioritura perché si prende tutto il tempo che le serve, senza fretta, e mette i primi boccioli a Settembre, proprio quando il resto del mondo verde è pronto per il riposo invernale.
Per questa sua tenacia nell’aggrapparsi a tutto ciò che incontra, è stata legata nel corso del tempo al senso di protezione e alla fedeltà. I Greci la consideravano una pianta sacra a Bacco perchè, secondo la leggenda, alla nascita del Dio una pianta di Edera si avviluppò attorno ad esso per proteggerne la vita. Da allora, Bacco la legò a sè indissolubilmente cingendosi il capo con una corona delle sue foglie. Per questo, essendo Bacco il Dio dell’ebbrezza, prese piede l’usanza di appoggiarsi un ramo d’Edera sul capo come rimedio per i doposbornia. Inoltre, le Baccanti, sacerdotesse di Bacco, come anche i Druidi Irlandesi, ne masticavano foglie e germogli, tossici per l’uomo, per suscitare visioni esoteriche ed essere più vicini al mondo ultraterreno.
Senso di protezione e fedeltà sono ingredienti importanti che mescolati con l’idea di un abbraccio eterno costituiscono la ricetta ideale perchè l’Hedera helix venisse consacrata, col tempo, all’amore vero. Ed eccoci qui, facendo un salto in avanti, approdiamo tra i salotti del periodo vittoriano. Secondo il simbolismo floreale dell’epoca, le giovani donne, gioivano al ricevere un ramo d’edera dal proprio innamorato perché significava che di lì a poco sarebbe arrivata una proposta di matrimonio. Significava: “sono pronto a legarmi a te per la vita”, concetto che ha attraversato i confini dello spazio e del tempo arrivando fino a tempi ben più recenti fino ai brani musicali degli anni 60-70 (“l’amore è come l’edera, s’attacca dove muore. Quel giorno senza dirmelo, m’hai presa come un fiore”_ Orietta Berti, 1971).
Potrà sembrarvi sentimentale, ma, cari lettori, del fatto che l’Edera abbia il potere di far perdurare i sentimenti nel tempo, io ne sono convinta. E non parlo di quei frivoli giochi di parole che hanno il sapore dello stereotipo di San Valentino. Mi riferisco alla vita vera.
Il mio bisnonno regalò un ciondolo a forma di foglia di Edera alla sua innamorata. Lui morì poco dopo il matrimonio, ma piantò un seme che germogliando arrivò fino a qui. All’oggi, a me che ho al collo quel ciondolo, quasi cent’anni dopo, e quando lo guardo penso a tutto l’amore che resta, anche dopo. Come un’impronta indelebile che niente può lavare via.
E, in fondo, che cos’è l’amore se non un germoglio che fiorisce anche quando fuori è Settembre?
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